Mi alzo con il buio, anche se sono le otto. Non posso capire il perché ma qui il sole sorge e tramonta dopo. A me piace così.
Le mattine di dicembre sono tiepide notti: la città indaffarata, dove il freddo nordeuropeo tarda ad arrivare, è nelle mie mani quando esco dal cancello di casa.
Ancora sonnolente, il primo sguardo va, di rito, ai rifugiati sotto al ponte dall’altro lato della strada, intenti a sgranchirsi le ossa dopo la lunga notte passata accucciati. Mi rallegra che l’inverno sia ancora così mite, poche piogge; ce la possiamo fare.
E io, ce la posso fare? Mi domando mentre calpesto la strada per raggiungere il semaforo, poi il boulanger, infine il metro che mi porterà al lavoro.
Tutti severi IL.
Noto che ci sono poche persone in giro nonostante l’ora e mi chiedo perché. Dev’essere che siamo quasi a Natale – ripensando alle persone in tenda sono di nuovo Felice, passeranno un “caldo” Natale (perché le feste e i riti, anche se non ci appartengono, quando ci siamo immersi, ci condizionano).
Il metro è quasi vuoto, incredibile..è incessantemente presente e affollato, giorno e notte, notte e giorno.
È festa anche qui, nonostante i parigini abbiano fama di essere “metro, boulot et dodo”, ovvero metro, lavoro, ninna. Invece anche loro si concedono il lusso di non lavorare a ridosso del Natale.
Ma se il lavoro nobilita l’uomo, di certo lo stesso discorso non vale per la donna..questo mi vado ripetendo da qualche giorno e oggi ne ho la consapevolezza. Cosa sto facendo per raggiungere la mia meta? Perché ho accettato un lavoro che non è il mio? Perché vivo chiusa, in un clan che non ho scelto e non mi appartiene? Perché non scorrazzare libera nelle foreste della creatività?
Il lavoro ti ABusa, ti schiaccia il cervello, togliendoti ogni energia ricreativa e ti lascia lì a mietere, nelle ore rimanenti, aspettando il sonno.
In Francia hanno le 35 ore settimanali, pensavo fosse un paese civile, mentre no, vedo un altro paese schiavista..forse ancora di più del nostro.
Sì, signore e signori, siamo gli schiavi del 2000, i nuovi operai, la nuova forza alienata e alienante.
Ai tempi nostri forse è meglio la fabbrica, forse. Perchè a meno di non essere costretti a vivere in una cittadina di provincia, SETTE ore di lavoro rinchiusi sono una vita gettata in pasto ai maiali. Tutti lo sappiamo, o quasi.
E le aliquote, gli aumenti, i sacrifici..ma perché, non è un secolo che li facciamo? Non sono le tassazioni sul lavoro il problema, il problema è il lavoro così com’è, la società che ci impone regole degrandanti per il nostro essere umani. Il problema è questo modello perdente, decadente, malato (e spero morente) di vivere. Tutto occidentale.
Il problema è che per fare quello che vogliamo, quello che sentiamo, lo dobbiamo trasformare in lavoro. Se ci piace tanto cucinare, dobbiamo provare ad aprire un ristorante, o meglio, una trattoria; se ci piace cantare, dovremo farlo alle feste popolari; se ci piace scrivere, potremo al massimo dattilografare.
Datemi uno stipendio per scrivere, per cantare, per cucinare, per creare: pagherò doppie aliquote.
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